Comunicazione

SIAMO UNA SOCIETA’ DEL RISCHIO

Le esplosioni del 15 aprile a Boston hanno dimostrato, ancora una volta, l’utilità di una corretta gestione delle comunicazioni in una situazione di crisi e hanno dato prova di quanto sia efficace la sinergia tra media tradizionali e i social network, sia come importanti veicoli di notizie dal campo, sia come strumenti per offrire servizi di assistenza e aiuto a tutti coloro che sono alla ricerca di notizie sulle persone coinvolte nell’evento, sia, infine, come mezzi per contenere la crisi.

Siamo una “società del rischio” e questa connotazione ormai unanimemente condivisa, non necessita più di ulteriori spiegazioni in quanto il rischio, individuale e collettivo, a cui siamo quotidianamente esposti, non ha solo raggiunto elevati livelli di percezione ma caratterizza così tanto le nostre azioni che anche le abitudini individuali subiscono spesso delle revisioni se non dei veri e propri ribaltamenti. Vivere, muoversi, prendere delle decisioni, partecipare, condividere momenti collettivi cioè agire all’interno di una società complessa come la nostra, dove si passa da una fase potenziale di rischio ad una situazione di crisi nell’arco di ore se non di minuti, ha reso sempre più indispensabile per un ente, un’organizzazione, e ancor di più per un’istituzione, acquisire familiarità con i criteri che una comunicazione, ormai appunto detta “di crisi” stabilisce, e che nel corso degli ultimi anni ha affinato.

Che l’Amministrazione Obama si trovi sempre più spesso ad affrontare situazioni di crisi, quelle che appunto sorprendono per le modalità in cui accadono, quelle in cui si riscontrano elevati danni a persone e cose, quelle che infine necessitano risposte in tempi brevi, è sotto gli occhi di tutti. Ma è anche sotto gli occhi di tutti come proprio l’Amministrazione Obama abbia acquisito, se non fatti propri i criteri stabiliti dalla comunicazione di crisi e come nelle situazioni più delicate grazie ad essi, riesca a gestire bene la comunicazione. In poche parole sappia comunicare ai cittadini, sappia parlare alle comunità della cui vita si occupa.

Una lettura della prima dichiarazione di Barack Obama può risultare un efficace strumento di riflessione e per la comprensione dell’utilità di una corretta gestione della comunicazione di crisi, ma prima di passare ad approfondire il messaggio di Barack Obama due rapide riflessioni seppur basate esclusivamente su quanto trasmesso e diffuso dai media nazionali e internazionali (servizi e reportage televisivi e giornalistici ) e dal web.

La prima riflessione verte sulle due diverse strategie comunicative attivate immediatamente dopo gli attentati. Da un lato messaggi brevi, diffusi dalle autorità locali e dalle strutture della security e della safety immediatamente intervenute. Questi messaggi contenevano indicazioni concrete sulle cose da fare e sulle cose fatte, indicazioni alla popolazione e informazioni sulle indagini: messaggi che lasciavano trasparire tutta la concitazione e l’operosità della risposta sul campo.

Dall’altro lato, un messaggio attentamente studiato ed equilibrato da parte della più alta autorità della nazione, il Presidente, in grado di trasmettere attraverso la fermezza e la sobrietà del discorso, l’impegno delle istituzioni e la fiducia che la popolazione può riporre nella azione di ristabilimento della normalità e di cattura dei responsabili.

La seconda vuole evidenziare come questo evento abbia messo in moto una importante collaborazione tra le autorità e i grandi network di informazione e di comunicazione. Network televisivi, ma anche agenzie di comunicazione, hanno risposto mettendo a disposizione indirizzi e collegamenti utili e si sono resi disponibili, attraverso i propri collegamenti su Twitter e gli altri social network, a ricercare posti letto per tutti coloro che ne avevano necessità. Così anche i grandi network di internet: Google, ad esempio, dopo pochi minuti ha aperto un portale “Google Person Finder Boston Marathon” attraverso il quale poter cercare le persone disperse o segnalare informazioni in merito a qualche ritrovamento.

Barack Obama si è rivolto alla nazione tre ore dopo l’attentato, che è da considerare un lasso di tempo corretto per una risposta da parte della autorità nazionale. Tempo utile all’autorità per poter acquisire dati e informazioni prima di esporsi in prima persona con un messaggio. Far trascorrere un tempo maggiore avrebbe significato lasciare spazio a un senso di incertezza e perplessità e avrebbe favorito l’insorgere di congetture sulla efficacia delle risposte in corso.

Questa modalità di gestione della comunicazione è analoga alle raccomandazioni presenti nella letteratura in materia: a margine di una immediata comunicazione corredata di informazioni tecniche illustrative della realtà dei fatti, da inviare alla popolazione in tempi estremamente brevi, è indispensabile un intervento più generale, da parte della massima autorità di governo sul territorio, o da un alto dirigente della organizzazione coinvolta, capace di esporsi in prima persona e di offrire, per quanto possibile, un quadro di insieme e di rassicurazione rivolto alla popolazione entro le prime ore dell’evento.

Il messaggio del presidente si è mantenuto su una linea di difficile equilibrio rispetto al rischio di cadere su un messaggio falsamente rassicurante, o, al contrario, su una dichiarazione allarmista in assenza di dati verificati. Ha mantenuto un tono grave e ha fatto precedere la sua apparizione televisiva da un tweet: “All Americans stand with the people of Boston”.

Anche la scaletta degli argomenti seguita da Obama è stata estremamente attenta a seguire un ordine preciso aprendo, dopo una brevissima dichiarazione sul fatto che «Stiamo continuando a monitorare e reagire alla situazione nel suo divenire», con un immediato riferimento alle vittime e alle loro famiglie, commemorandone la memoria.

Il messaggio, nella parte centrale, la più importante, ha fatto esplicito riferimento alle più alte cariche dello Stato, dal capo dell’FBI, al Segretario della Sicurezza, dal Congresso (nella sua interezza, sia maggioranza sia opposizione), fino al Governatore del Massachusetts e al Sindaco di Boston, dalla Polizia, ai Vigili del fuoco e alla Guardia Nazionale, rappresentando in poche righe la solidarietà e l’impegno della intera nazione al fianco della città colpita. Proponendo questo elenco di personalità e strutture solidali e impegnate nei soccorsi e nelle indagini, il Presidente ribadisce ed enfatizza in tal modo il concetto già espresso nel tweet inviato prima della conferenza stampa e prepara la strada, al termine di questo lungo periodo, ad un sentito e indiscusso ringraziamento a tutti i soccorritori.

Altro punto di forza che ha contraddistinto per chiarezza la comunicazione di Obama è l’aver fatto sì che il messaggio, richiamando l’attenzione su elementi di incertezza come l’ammissione delle difficoltà, evidenti peraltro a tutti i cittadini, divenisse un mezzo per chiamare a raccolta tutte le forze disponibili. Una ammissione che anticipata in una frase in apertura di discorso «Noi non abbiamo ancora tutte le risposte», viene rafforzata ribadendo ulteriormente le difficoltà attraverso la dichiarazione «Ancora non si sa chi ha fatto questo e perché», immediatamente seguita, però, dalla volontà a mantenere l’impegno e la determinazione a colpire i responsabili e restituire serenità alla popolazione. 

Obama chiude il discorso con un breve elogio alla città colpita dall’attentato, alla sua storia ai suoi cittadini, alla loro forza e al loro orgoglio.

Questa scaletta ripercorre quanto suggerito nella letteratura nazionale e internazionale sui messaggi relativi alla gestione di una comunicazione efficace in situazione di crisi ovvero di aprire sempre il discorso dando contezza delle vittime e commemorandole, passare poi alla situazione e a cosa si sta facendo, cosa si farà a medio termine e, in chiusura, una nota di coraggio e di speranza.

 

 

Ferruccio di Paolo – Communication Specialist

 

 

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